Il ruolo del mentore

mentore esperto
Pubblicato da: Liana Astrologo Categoria: Formazione, Mentoring

Il mentore come esperto

Se la mia azienda è una start-up innovativa nel campo IT o un’ azienda italiana familiare , il modo in cui le persone lavorano, collaborano e si relazionano possono essere molto diverse.

Facciamo l’esempio di un azienda che voglia migliorare le competenze di leadership in una certa direzione. 

Nel mentoring per persona esperta si intende chi ha reale esperienza di leadership e del contesto in cui i miglioramenti dovranno essere agiti. Ad esempio, semplificando, un manager dell’azienda X con un profilo più evoluto nella direzione in cui l’azienda vuole migliorare.

Il mentore agirà come:

  • partner di riflessione
  • networker in senso ampio: moltiplicare le possibilità del mentee e lo mette a contatto con persone, situazioni, eventi dentro e/o fuori l’azienda che possano servirgli per migliorare
  • guida e modello di ruolo, nel caso in cui il mentee presenti maggiori difficoltà

In queste vesti, il mentore aiuta il mentee a elaborare prima nuovi significati. Lo mette in condizione di testarli in sicurezza, e poi portarli nella realtà.

Conoscendo ingranaggi e meccanismi dell’azienda, il mentore è in grado di immaginarsi quali ostacoli si possano incontrare al cambiamento e elaborare a quattro mani con il mentee soluzioni per superarli.

Agenda del mentee alla mano, potrà selezionare gli eventi, le riunioni, le presentazioni più adatte per testare le soluzioni di miglioramento, o proporne di nuovi.

L’esperienza, quindi, non riguarda solo la competenza, ma le modalità di trasformazione delle competenze in azione, in uno specifico contesto.

Mentore e gestione delle emozioni

E adesso spezziamo un grande taboo aziendale: ebbene si, il mentore, anche in azienda, si occupa anche di emozioni e sentimenti.

Nei confini del mondo lavorativo: ad esempio equilibrio vita lavoro si. La paura o la semplice preoccupazione del cambiamento si. La rabbia per una mancata promozione si. I problemi del menteee con la moglie no. 

Emozioni e sentimenti sono l’espressione corporale di nostri bisogni: se vengono trascurati o ignorati ingenerano reazioni negative.

Per questo il mentore deve portarli alla luce, fare in modo che il mentee possa riconoscerli e dar loro voce.

Aiutarlo a trovare soluzioni per rispondere ai suoi bisogni.

In tal modo l’organizzazione evita che i bisogni inconsapevoli o inespressi che si nascono dietro emozioni e sentimenti siano di ostacolo agli obiettivi prefissati. Cosa che avviene molto più spesso di quanto si immagini. 

Facciamo un esempio

Il mentee è un manager cui si richiede maggior cooperazione con le proprie persone, più autorevolezza e meno autorità.

Non è difficile immaginare le possibili emozioni negative che questa richiesta possa provocare e le relative conseguenze: difficoltà a cambiare, reazioni oppositive, comportamenti incongruenti…

Il mentore accompagna il mentee nel far luce sulle potenziali emozioni negative, sui rischi che comportano, su come affrontarle e come costruire i nuovi comportamenti nella pratica quotidiana del lavoro, un passo alla volta.

Insieme valutano con quali persone è più opportuno cominciare (ad esempio collaboratori già più proattivi), in che modo (quali parti del lavoro passare sotto la responsabilità di altri, quali non monitorare direttamente), come affrontare un nuovo modo di comunicare ( cosa ne pensi? Cosa faresti tu?…), come impostare una relazione meno gerarchica (introdurre occasioni sociali di team?). 

In tal modo ostacoli e difficoltà si trasformano in energia positiva da investire nel cambiamento. 

Per tutto questo il ruolo del mentore è centrale nello spianare la strada al cambiamento.

Se vuoi approfondire il potere di emozioni e sentimenti in contesto aziendale, seguici: lo affronteremo nell’articolo della prossima settimana

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