Age management e Mentoring

age management e mentoring
Pubblicato da: Daniela Belotti Categoria: Lavoro e mentoring tag:

AGE MANAGEMENT: UN PERCORSO OBBLIGATO PER RESTARE COMPETITIVI

Il tasso di natalità è in calo in tutto il mondo, anche nei paesi emergenti. Nel contempo l’aspettativa di vita della popolazione si sta allungando con una crescita inarrestabile.

Siamo a 73 anni nel 2019 e cresce di due mesi ogni anno.

Secondo una ricerca dell’Università di Berkley metà delle persone nate oggi possono aspettarsi di vivere oltre 100 anni .

Questo significa che soprattutto in Europa, la sfida per aziende e istituzioni sarà di affrontare un nuovo mix demografico in cui gli anziani saranno più numerosi dei giovani.

Tralasciamo in questo articolo gli aspetti legati ai consumi e alla tipologia di prodotti e servizi che le aziende dovranno sviluppare per fatturare in un mercato di clienti sempre più anziani, che è un tema di marketing e non di age management.

Anche se mi dovrò ricordare, se tratto un prodotto per  senior, che sono proprio quelli della stessa generazione a conoscere le esigenze e le modalità di comunicazione del mio target di consumatori. 

E IN ITALIA?

Ancora un dato: in Italia per ogni nato nel 2018 vi sono 2,5 cinquantenni.

Bankitalia ha misurato gli effetti di questo cambiamento sul PIL italiano. Ad ogni persona in età lavorativa in meno equivale una frazione di PIL in meno.

E prevede che solo per il cambiamento demografico il calo del PIL sarà del 0,8% annuo nel 2040.

Ne consegue che active ageing e age management saranno la sfida che dovremo affrontare per rimanere competitivi come aziende e come paese.

Per approfondire questi temi vi rimando alla lettura dell’interessantissimo “Active Ageing in Azienda” di Gianbattista Rosa o a seguire Nicola Palmarini del Nica.

Quello che mi interessa sottolineare è che tra i 20 Pilastri Europei dei Diritti Sociali dell’Unione Europea del 2017 volti a rafforzare i diritti per i cittadini europei sotto il profilo delle pari opportunità, dell’accesso al mercato del lavoro, delle condizioni di lavoro eque, della protezione e dell’inclusione sociale hanno  acquisito sempre maggiore rilevanza concetti chiave quali quelli di active ageing (invecchiamento attivo), solidarity between generations (solidarietà intergenerazionale) e di age-management (ovvero le buone pratiche di gestione dell’età da attuarsi nei contesti di lavoro).

Quindi l’invito che la Comunità Economica Europea rivolge ad aziende ed istituzioni è di attivarsi al più presto per rendersi sostenibili su questi temi. 

E per tutti questi temi il mentoring è considerato a livello internazionale una buona pratica da mettere in campo.

 

AGE MANAGEMENT E MENTORING: UN’ACCOPPIATA VINCENTE

 

“Il vero impatto sui costi non lo genera l’essere senior, lo genera l’essere senior non performante” (G.Rosa)  

 

Partiamo da questa affermazione che è alla base del cambio di paradigma che deve intervenire all’interno delle organizzazioni.

I senior non devono essere visti come un problema, ma come un’opportunità per il bagaglio di competenze ed esperienze che custodiscono, spesso anche gelosamente, e che un’organizzazione non può permettersi di sottovalutare o di perdere.

Spesso i silver workers, o meglio experienced workers, sono anche coloro che in azienda meglio incarnano i valori, il purpose, i modelli manageriali.

Tutto ciò che per i nuovi entrati sono solo statement su un manifesto della mission aziendale.

Certo non tutti i senior sono uguali.

Ecco perché è opportuno investire sul senior talent management:  significa riconoscere il valore che le persone senior hanno dato e ancora potrebbero dare all’azienda.

Considerarli come persone e non come “fascia d’età” ( o peggio “costi che camminano” come ho sentito dire qualche volta)  consente di mantenerli ingaggiati stimolandoli a nuove sfide professionali.

 

IL REVERSE MENTORING È LA SOLUZIONE?

Quando si parla di mentoring cross-generazionale in azienda spesso il passaggio automatico è la realizzazione di un percorso di reverse mentoring, in cui junior digitalizzati trasferiscano competenze ai senior.

Niente di più sbagliato.

Pensate come potrebbe reagire un professionista, che lavora in azienda da anni, fermo nel limbo di una carriera in cui non vede sviluppi se gli andate a dire

 

“sai che c’è, da domani ti affianco un giovane appena entrato per farti diventare più digital”

 

Quelle horreur! Piedi puntati, paura di essere sostituiti e rifiuto al cambiamento!

Ma l’ostacolo si può aggirare!

Basandoci sul fatto che una relazione di mentoring è un percorso a due vie di reciproco sviluppo valoriale e di competenze,  perché non consideriamo proprio i senior un bacino tra cui scegliere i nostri Maestri di Mestieri e Mentor?

Gli experienced workers porteranno competenze soft ( a tal proposito mi è piaciuta l’espressione “forever skills”  usata da Kieran Flanagan e Dan Gregory nel loro libro), più i trucchi del mestiere, non scritti in nessun manuale, sperimentati in anni di attività.

E ancora i valori aziendali vissuti.

Così si sentiranno valorizzati proprio perché l’azienda li ha scelti per un ruolo così importante.

Se al progetto di mentoring affiancate anche un piano di comunicazione in cui i mentor fanno dei video in cui raccontano la loro esperienza come Mentor ancora meglio!

Se comunicazione interna servirà a motivarli ancora di più, se anche esterna vi servirà anche per attrarre le nuove generazioni che cercano un mentor al posto di un manager.

Dall’altra parte, gli junior porteranno la loro visione fresca del mercato e il loro approccio digital in una mutual mentorship a vantaggio di tutta l’organizzazione.

VANTAGGI DEL MENTORING NELL’AGE MANAGEMENT

Il nostro bacino di senior ci torna utile per individuare i profili dei mentor più adatti per creare un programma articolato di mentoring con percorsi specializzati per tema:

  • trasferimento delle competenze “private” dei senior
  • diffusione dei valori aziendali ai nuovi assunti
  • dialogo cross-generazionale
  • mutual mentoring per lo scambio di competenze soft e digital
  • mentor esterni ambassador dell’azienda in progetti con scuole o associazioni non profit

Ognuno di loro verrà formato e soprattutto avrà delle linee guida specifiche per far sì che la relazione di mentoring non si riduca ad una chiacchierata tra colleghi o peggio nell’angolo delle lamentele aziendali.

Il risultato sarà sì una maggiore ricchezza aziendale, ma sicuramente anche un aumento della motivazione e della produttività di una fascia di lavoratori ad oggi ancora trascurati.

 

Gli step che consigliamo

Se volete realizzare un intervento di age management, un progetto di mentoring strutturato è ciò che fa per voi.

Ma come procedere?

  1. attraverso focus group, sondaggi, assessment si “fotografa” la popolazione aziendale e si  individuano i temi su cui intervenire
  2. identificate gli “Age Champion” del vostro percorso: i vostri autentici leader informali, che hanno fatto loro la mappa dei valori e che sono guidati dalla mission perché la sentono loro. Questi saranno gli ambasciatori ed endorser del progetto
  3. formate le vostre persone alla relazione di mentoring e dategli la bussola per arrivare a destinazione
  4. identificate i criteri per definire il target e le coppie di mentoring
  5. Utilizzate il software Bemymentor per invitare i partecipanti al progetto, formare le coppie migliori e gestire in maniera professionale il progetto:
    • animando i gruppi di discussione
    • con formazione online in itinere
    • monitorando e valutando il processo
    • gestendo con semplicità, velocità ed efficacia tutti i percorsi

Se avete le competenze interne per i passaggi da 1-4, procedete in autonomia; in alternativa contattateci per una consulenza.

 

Daniela Belotti

 

Condividi questo post